Rieccoci con la rubrica della nostra nutrizionista Sara Salti, anche questo mese dedicata ai cereali. Oggi l’attenzione sarà dedicata al grano saraceno, tanto amato e celebrato in molte ricette.
Il grano saraceno o grano nero, appartenente alla famiglia delle Polygonaceae, è un “simil-cereale” originario delle lontane terre della Siberia e della Manciuria, dove cresce spontaneamente, adattandosi a terreni semiaridi riuscendo a vincere condizioni climatiche difficili. Il suo ciclo vegetativo è breve e veloce, il che lo rende compatibile con semine e raccolti con tempi diversi (ad esempio patate, cavoli, segale, orzo). Proprio grazie alla sua capacità di adattamento, il grano saraceno si è presto affermato anche in Italia, tanto da essere citato in documenti che risalgono alla fine del ‘600. In particolare in Valtellina e in tutto l’arco alpino è parte integrante della gastronomia tradizionale locale.
Guardando in dettaglio alle sue qualità nutrizionali, troviamo subito nel nome grano nero un chiaro riferimento alla qualità “integra” del chicco e della farina che ne denota anche il gusto.
Si tratta di un prodotto assai ricco di fibra e minerali tra cui spicca per importanza lo Zinco, il Manganese e il Selenio. Ha un basso indice glicemico grazie alla presenza della fibra endegli oligoelementi, inoltre è totalmente privo di glutine.
Contiene un buon apporto proteico e di proteine a elevato valore biologico tra cui molte solforate, cioè contenenti zolfo, elemento essenziale per molte importanti funzioni cellulari. Anche il Selenio non va sottovalutato; infatti, è assai prezioso soprattutto per la salute della tiroide, la ghiandola che regola il nostro metabolismo basale.
Ma le sorprese di questo similcereale non finiscono qui: il grano saraceno contiene rutina, una molecola simile a uno zucchero, che si esplica sul nostro apparato cardiovascolare e linfatico. La Rutina, infatti, svolge la sua funzione protettiva migliorando il tono delle pareti dei vasi e diminuendone la permeabilità. Ciò significa migliore salute, ma anche migliore tenuta a livello del microcircolo, con riduzione di edemi e ritenzione idrica.
La Rutina sembra anche completare la sua funzione protettiva contrastando l’ossidazione del colesterolo e quindi la formazione delle placche aterosclerotiche.
Ma come si usa questo strano grano dalla forma atipica, somigliante più ad una minuscola piramide che a un chicco di grano? Può essere cucinato così com’è (similmente al riso) nelle preparazioni fredde o nelle minestre, mentre non si presta molto per risotti o timballi, in quanto ricco di fibre ma povero di amidi.
Oppure può essere usata la farina per fare polente, pane, gallette e non ultimo ottimi dolci, come sa bene chi frequenta i piccoli paesi alpini apprezzandone le bontà culinarie.