Negli ultimi tempi parlare di commercio equo e solidale è quasi fuori moda. Oggi si parla più volentieri di prodotti locali, chilometro zero, piccole produzioni regionali. Ma continuano a esistere alimenti che, pur facendo parte della nostra dieta quotidiana, devono essere importati da Paesi lontani.
Stiamo parlando del cacao, del caffé, dello zucchero di canna, del té, di alcune varietà di riso, delle banane, dell’ananas…
Per ridurre l’impatto ambientale e sociale di questi prodotti le possibilità sono due: rinunciarci o affidarsi al commercio equo e solidale.
Noi di FairMenti abbiamo scelto da sempre la seconda opzione, perché crediamo che un altro mondo è possibile e che la globalizzazione può avere degli effetti positivi se guidata dall’etica e dall’equità sociale ed economica. E così oggi vogliamo condividere con voi alcuni stralci di questo bel articolo pubblicato da Cospe su Greenreport.it che ci racconta l’importanza del commercio equo per i Paesi del sud del mondo.
Non sono alimenti fondamentali per la nostra sopravvivenza, ma il cacao e il caffè sono “piaceri” universalmente riconosciuti che, in alcuni casi, possono garantire addirittura la “sicurezza alimentare”. Questo poiché, pur non essendo prodotti completi dal punto di vista nutrizionale, permettono a molte famiglie di aumentare il proprio reddito per poter far fronte all’acquisto di alimenti fondamentali per una dieta idonea. In questo modo si garantisce la sovranità alimentare anche in zone in cui le condizioni climatiche non permettono l’autoproduzione.
È il caso della costa dell’Ecuador, troppo calda e umida per permettere la produzione di ortaggi e dove la cultura tradizionale culinaria propone una dieta povera di verdura. Quest’area è estremamente povera: oltre il 94% degli abitanti non riesce a soddisfare le proprie necessità di base.
In queste zone si producono però tra le migliori qualità di cacao e caffè esistenti al mondo, colture che potrebbero arricchire le popolazioni locali ma che sono minacciate da un’agricoltura poco sostenibile e una distribuzione iniqua delle risorse: nelle produzioni del cacao ecuadoriano questi squilibri risultano molto evidenti: basti pensare che l’88% dei produttori di cacao sono considerati “piccoli agricoltori” e detengono solamente il 41% dei terreni, a discapito del restante 59%, che è in mano al 12% dei grandi agricoltori.
Per questo Cospe, con il progetto Cacao Correcto ha deciso di intervenire in queste aree […] L’obiettivo è quello di valorizzare gli aspetti ecologici e di giustizia sociale: «L’ampia adattabilità di queste colture permettono una produzione ecologicamente sostenibile, che contribuisce alla conservazione del suolo», sottolinea il coordinatore Cospe. E l’importanza dei piccoli agricoltori si evince anche nell’eccellenza del prodotto: grazie all’agroecologia si riesce a recuperare varietà tradizionali sia di caffè che di cacao, che altrimenti andrebbero perse.
Come si legge dal sito del Cospe, infatti,
Il progetto interviene nelle filiere del cacao e del caffè, dichiarate strategiche dal Governo e nelle quali prevale la piccola produzione, con un approccio integrale che include: diritto all’alimentazione, agro-ecologia, valorizzazione della biodiversità, sostenibilità economica e culturale, gestione partecipativa, equità di genere e nell’accesso alla terra ed al mercato. Concretamente lavoreremo sulle filiere del cacao e del caffè, in termini di pratiche post raccolta e processamento, che garantiscano qualità per un migliore accesso al mercato, ne rafforzeremo la commercializzazione valorizzando la produzione biologica e locale. I beneficiari sono 3.000 piccoli produttori e produttrici delle filiere del cacao e del caffè.
QUI l’articolo completo.